STORIA DELLA LINGUA TURCA
La lingua turca, contrariamente a quanto si possa pensare,
è parlata da circa 56 milioni di persone. Questo la porta ad essere la sesta
lingua più parlata del mondo.
Appartiene alla branca turca delle lingue Altaiche, che comprende Azerbaijano,
Kazako, Turkmeno, Uzbeko, Cinese, Coreano, Mongolo.
I reperti scritti più antichi in assoluto sono delle iscrizioni su pietra
inerenti la vita sociale e politica della dinastia Gokturk (552-745 dC). Vennero
trovate in quella che ora è la Mongolia, e risalgono al 732 dC. L’alfabeto
utilizzato è chiamato “Orkhon”, una derivazione del sogdiano, l’antica lingua
parlata a Samarcanda (ora in Uzbekistan), che poi diverrà il moderno mongolo,
e dell’alfabeto aramaico, quest’ultimo usato come lingua franca dai Persiani
in sostituzione dei cuneiformi assiri.
Altri dati molto importanti per lo studio della lingua turca sono dati dai
numerosi documenti lasciatici dalla dinastia successiva a quella Gokturk,
quella degli Uighur. La lingua uighur inizialmente viene scritta con gli stessi
caratteri di quello Orkhon, ma con il tempo si modificherà. È interessante
notare che l’Uighur (o Uyghur), sconosciuto ai più, è ancora usato ai giorni
nostri in alcune regioni della Cina, anche se viene scritto con caratteri
arabi o latini.A partire dal secolo X, quando inizia ad
espandersi l’Islam tra i turchi, arriva anche l’arabo con il proprio alfabeto.
Del 1072, con i selgiuchidi, è il primo dizionario Arabo-Turco, dal nome “Divanü-Lügati’t-Türk”,
mentre del secolo XII è il testo “Atabetü’l-Hakayyk”, scritto in turco ma
con il titolo ancora in arabo.
Successivamente, diviene sempre più importante l’influenza islamica, ma
la resistenza dei Turchi contro gli influssi delle altre lingue è molto forte,
e per questa ragione praticamente non si trovano nella lingua turca né parole
persiane, né arabe, nonostante la conquista dell’Anatolia da parte di queste
popolazioni.
Del 1277 è il “Divini Turki” del sultano Veled, il primo dizionario pubblicato
nella lingua ufficiale turca.
Nel XVI secolo, con l’arrivo della dinastia mongola Çagatay, nata dallo
smembramento dell’Impero di Gengis Khan, le cose cambiano. Viene introdotta
una nuova forma di letteratura, che si mescola a quella dei Persiani, e questo
cambia anche la lingua. Il miglior autore del tempo è Ali Şir Navai.
Cambia anche l’alfabeto, che fonde i caratteri arabi con la lingua Uighur,
e nasce appunto il “Çagatay”, che resisterà sino al XX secolo, anche se con
qualche lieve modifica: dal çagatay vengono tolte alcune lettere e ne vengono
aggiunte altre di importazione persiana, per cui l’alfabeto finale è detto
arabo-persiano od anche turco ottomano.
Nello stesso secolo inizia la pubblicazione di opere con parole straniere,
perlopiù di origine araba, che iniziano a contaminare sempre più il turco.
Infatti, se l’antica lingua dei primi popoli è perfetta per indicare tutti
i termini relativi alla natura, alla terra, ai frutti, ai boschi, poco o per
nulla invece si adatta alle nuove scoperte e ai termini tecnici, in quanto
mancano le parole che vengono così prese dalle lingue dei popoli conquistatori.
Ciò piace alle alte sfere, e dunque entrano in maniera estensiva anche termini
persiani, dividendo di fatto il turco in due tronconi: quello ufficiale, pieno
di locuzioni straniere, e quello popolare, costituito solo da parole turche.
Il tutto degenera, fino alla prima riforma del 1839, quando il gruppo dei
“Genç Kalemler” (giovani scrittori) inizia a pubblicare dei testi scritti
esclusivamente in turco “purificato”. Il successo è strepitoso, e la “turchificazione”
della lingua diviene sempre più di moda, soprattutto nel secolo XX.
Fino al 1928, comunque, l’alfabeto usato è ancora una variante arabo-persiana
semplificata dell’arabo moderno, che però manca di consonanti che ben si adattino
alla pronuncia del turco.
La lingua originale, con il tempo, aveva aggiunto anche delle regole grammaticali:
il plurale viene acquisito dal persiano e dall’arabo; i generi vengono copiati
dall’arabo; gli aggettivi, che prima precedevano il nome, adesso li seguono,
come accade in persiano ed arabo.
Mustafa Kemal Atatürk introdusse, in tre anni, l’alfabeto latino adattato
al sistema vocalico turco, inventando le lettere ş, ğ ed ı,
oltre ad aggiungere ö, ü, ç.
Oltre a questo, decise che bisognava ritornare alle parole di origine turca,
purificando la lingua, e per fare ciò istituì una commissione apposita. I
risultati iniziali non furono brillanti, e lo stesso Atatürk commise una serie
infinita di errori. Molto famosa è una frase, che scrisse agli storici del
tempo, per descrivere il turco come “la fonte e l’origine dell’umanità”: usò
le parole “Beşeriyet menşe ve mebdei”, ma tutte e quattro hanno
origine araba!
Atatürk amava l’etimologia, ma non era un vero studioso, e sembra che abbia
dichiarato che “Niagara” derivi dal turco “Ne yagara” (che tumulto!), e il
rio delle Amazzoni da “Ama uzun” (che lungo!).
In ogni caso, nel 1932 iniziò il recupero delle parole turche in sostituzione
di quelle arabe e persiane, ma ciò complicò di molto le cose. Tutte le riviste
stampate, infatti, scrivevano ancora nell’alfabeto arabo-persiano, e poi passavano
il tutto ad un “trascrittore”, che sostituiva la parola persiana con quella
turca e rieditava così il testo. Il problema era che esistevano molte parole
turche per una sola araba e così, per esempio, se prima “kalem” indicava la
penna, adesso si poteva scegliere indifferentemente tra “yağuş”,
“yagzaç”, “cizgiç”, “kavrı”, “kamiş” o “yuvuş”; in sostituzione
dell’arabo “hediye” per “regalo” esistevano ben 77 parole turche. Così, chiaramente,
una stessa frase scritta su tre giornali diversi poteva avere tre trascrizioni
finali diverse…
Vennero inventate parole da etimologie sbagliate o addirittura completamente
inesistenti, come ad esempio “eğitimek” (educare), che venne confusa
con un’altra parola e che quindi, di fatto, è un neologismo.
Altre volte, la parola scelta era alquanto infelice, o non rispettava la grammatica
turca, per cui venne coniata ugualmente ma poi, in pratica, mai usata da chi
scriveva o parlava: per esempio, l’arabo “bu sebepten” (da questa causa, per
questo motivo) venne sostituito con “bu nedenden“ che letteralmente significa
“da questo da-cosa”, visto che “neden” è l’ablativo di “ne” (cosa?) e nessuno
se ne accorse (tra parentesi, l’ablativo in turco è rarissimo, e quindi a
loro suona ancora più strano).
Comunque, alla fine tutto era pronto. Venne istituito un corso di tre mesi
per chi già sapeva scrivere e di sei mesi per gli analfabeti. Nel 1934 Atatürk
lesse un discorso in onore della regina di Svezia, scritto in arabo-persiano
e poi ritradotto nel suo turco moderno. I cronisti del tempo ricordano la
scioltezza di “uno scolaro che ha
appena appreso i rudimenti della lettura”.
Tante modifiche vennero fatte, ed è bello notare che questa riforma, così
contemporanea e moderna, è di fatto ancora in corso. Ci sono persone nate
prima del 1930 che usano ancora moltissimi termini arabo-persiani; ci sono
ragazzi che invece non conoscono il significato di alcune parole, mai tradotte
nel turco moderno, come “istiklal caddesi”: pensano sia una via del quartiere
di Beyoğlu, ad İstanbul, e non sanno che, in arabo, “istiklâl” corrisponde
al turco moderno “bağısmıslık”, indipendenza; leggono
un famoso quotidiano, “Hurriyet”, e non sanno che è arabo per “özgürlük”,
libertà.
Allo stesso tempo, un anziano non userà mai né bağısmıslık
né özgürlük, il cui significato intrinseco è rispettivamente “non impedimento”
o addirittura öz-gürlük, “abbondanza pura” (altro che libertà!).
Atatürk aveva due scopi, con la riforma della lingua: eliminare le influenze
arabe e persiane, ed avvicinare la lingua colta a quella del popolo. È riuscito
nel primo intento (anche se stanno entrando nel vocabolario molte parole francesi
ed inglesi, come “istasyonu” per stazione), ma ancora c’è molto da fare nel
secondo punto: il divario a volte è aumentato perché i giovani non sanno leggere
alcune delle opere più belle della letteratura turca, che ritradotte perdono
di fascino, e gli anziani si scontrano con nuove parole turche che non hanno
lo stesso “sapore” di quelle arabe, a causa di errori etimologici.
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Alfabeto Uyghur |
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Alfabeto Çagatay |
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Alfabeto Turco-Ottomano |