Una volta che l’alfabeto viene riordinato da Al-Farahidi, come facevano
gli arabi a contare? Fortunatamente ci pensano gli indiani, che già
avevano inventato un loro sistema numerico nel 200 aC, poi migliorato dal
persiano Al-Khwarizmi, grazie all’introduzione dello 0 nel IX secolo
DC. Gli Omayyadi conquistano la Persia, imparando anche questa tecnica a tal
punto che proprio un matematico arabo scrive, nell’830, un trattato
sull’uso dei “numeri indiani”.
Questo libro arriva casualmente in Europa tramite dei mercanti e degli scolari
lo traducono in latino. Il nome diventa “Algoritmi de numero indorum”,
con “Algoritmi” la versione latinizzata di Al-Kwarizmi.
Leonardo Pisano, figlio di Guglielmo Bonacci e quindi detto “Fibonacci”,
già, proprio lui, quello della famosa sequenza, viveva in Algeria assieme
al padre, un mercante, e viene a conoscenza del trattato originale arabo.
Ne rimane affascinato, e nel 1202 promuove il testo nel suo libro, “Liber
Abbaci”, che così inizia: “Novem figure indorum he sunt:
9 8 7 6 5 4 3 2 1. Cum his itaque novem figuris, et cum hoc signo 0, quod
arabice zephirum appellatur, scribitur quilibet numerus, ut inferius demonstratur”.
Bastano le reminiscenze scolastiche per tradurre “I nove segni degli
indiani sono questi: 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Con questi stessi segni e con il simbolo
0, che in arabo viene chiamato zefiro, si può scrivere qualunque numero,
come dimostrerò qui di seguito”. Lo 0, che in arabo si chiamava
“sifr”, ossia “nulla, vuoto”, venne tradotto in “zefiro”,
ossia “brezza leggera” e quindi, per estensione, “nulla,
niente”. È quindi da attribuire a Fibonacci stesso l’invenzione
del termine “zero” (la cui forma definitiva spetta al dialetto
veneziano come contrazione di zefiro) e soprattutto il merito di aver divulgato
i numeri “arabi” o “indiani” nell’occidente,
dato che il Liber Abbaci verrà letto e riconosciuto valido da moltissimi
altri matematici europei. Noi conosciamo i numeri come “arabi”
perché li abbiamo imparati da loro, e perché questa è
la definizione che prende piede a partire dal XV secolo.
I simboli usati per scrivere i numeri prendono strade differenti: in occidente,
la grafia usata dagli Indiani viene leggermente modificata fino ad essere
praticamente quella di oggi, mentre in oriente cambia radicalmente (forse
perché gli scriba arabi, scrivendo da destra a sinistra, tendevano
a ruotare di 90 gradi il foglio, ricopiando poi male i caratteri, come si
vede soprattutto per le cifre 2, 3 e 7) ed assumere la forma odierna. Ancora
una volta, vediamo come in realtà noi stiamo usando i numeri indiani
in tutto e per tutto!