- riordina l’alfabeto non in base al valore delle lettere, ma in base alla somiglianza dei simboli (se prima la serie era أ ب ج ecc., la nuova sequenza è أ ب ت ث ج ح ...)
- introduce le vocali, che derivano dalle consonanti ‘alif, yā e wāw (ا , ي e و che diventano “a”, “i” ed “u”) e che rendono quindi l’alfabeto di tipo quasi-Abjad, o Hejā'ī, anche se sempre di 28 lettere;
- introduce un carattere speciale, l’hamza (ٴ ), per recuperare il glottal stop prima identificato dall’alif (il glottal stop è quel colpo di glottide dato tipicamente dagli inglesi quando parlano troncando le parole, tipo “wha’” al posto “what”)
- migliora, semplifica e razionalizza tutti i segni diacritici usati precedentemente per indicare le vocali non scritte, creando il fatḥa ( َ ) per indicare la a, il ḍamma ( ُ ) per la u, il kasrah ( ِ ) per la i, il sukūn ( ْ ) per dire che non ci sono vocali “nascoste”, la šadda ( ّ ) per raddoppiare la consonante ed il madda ( ٓ ) per raddoppiare la vocale.
L’arabo, dunque, non è di difficilissima lettura perché, a differenza di altre lingue che usano caratteri diversi dai nostri, come il cinese od il giapponese, l’origine è la stessa e ad ogni suono corrisponde un carattere (anche se questo cambia a seconda che si trovi legato ad un’altra lettera o che sia all’inizio, alla fine o isolato: ad esempio, Ḥam, ossia Ḥ ( ح )+ m ( م ), diventa حم e maḥ diventa invece مح). Bisogna comunque ricordarsi che solo le vocali lunghe vengono scritte, mentre le altre vengono sempre omesse e bisogna conoscere delle regole per poterle “ricalcolare” inserendole al posto giusto ed ottenendo quindi la parola finale corretta; inoltre, la consonanti doppie vengono scritte come consonanti semplici e la waw ( و ) può essere sia una u lunga che una w. In realtà, esisterebbe un modo per scrivere per esteso tutte queste lettere mancanti ma in tal caso si torna parzialmente alla forma “coranica” dell’alfabeto: ad esempio, “hammamet” si scrive in arabo “حمامات”, ossia “Ḥmāmāt” , dunque senza una a e senza una m. Mancano infatti sia la vocale corta, sia la consonante raddoppiata; volendo scrivere la parola per esteso, dovremmo aggiungere il “fatḥa” ( َ ) sulla Ḥ per inserire la vocale corta a, e lo “šadda” (ّ ) sulla m per raddoppiarla, ottenendo “حَمّامات“. Tutto questo sembra abbastanza complicato, ma se usiamo queste regole con una frase italiana, otteniamo ad esempio“L’rb, dnq, n è di dfclsma ltr” e non è molto difficile, in effetti, riuscire a capire cosa ho scritto!
Diversamente, entrando in una moschea sarà molto complicato riuscire a leggere quello che c’è scritto perché l’alfabeto arabo, corsivo per sua natura, è stato molto utilizzato anche come espressione artistica (visto che la religione musulmana vieta la rappresentazione di Allah) e quindi infarcito di simboli ed arzigogoli belli ma complicati. Addirittura alcuni autori hanno “tradotto” in veri e propri capolavori artistici le loro poesie, come ad esempio Kahled Al-Saa'i o Badr Shakir al Sayyad.
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Dal fenicio all'aramaico
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Dall'aramaico al Nabateano |
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