Considerazioni linguistiche

Vorrei concludere questo resoconto di viaggio con alcune considerazioni, che sono diverse dai soliti commenti che uno potrebbe esprimere alla fine delle vacanze: forse avremmo potuto fare più i signori se avessimo avuto una tenda migliore ed una macchina, ma forse la vacanza sarebbe stata tremendamente monotona e neppure degna di un resoconto. Comunque sia, ci siamo divertiti un sacco, e la coppia, nonostante sia stata messa a dura prova, ha resistito con tenacia.

Quello che qui vorrei approfondire è una piccola curiosità che mi è sorta quando siamo tornati in Italia. “Se durante Tito la Yugoslavia era una sola nazione con una sua lingua, adesso che ne è di tale lingua? E come sono sorte le altre (sloveno, croato, serbo), e perché una in cirillico e l’altra con caratteri latini?”.

È iniziata così una piccola ricerca storica nella glottologia delle lingue slave, ed ecco qui alcuni risultati interessanti.

Bisogna sapere che le lingue slave si dividono in tre rami principali: lo slavo dell’est, che comprende russo, ucraino e bielorusso; lo slavo dell’ovest, che include il ceco, lo slovacco ed il polacco; e lo slavo del sud, che comprende lo sloveno, il serbo-croato, il bulgaro ed il macedone.

Tutte le lingue che ci interessano, dunque, provengono dallo stesso ceppo; guarda caso, Yugoslavia vuol proprio dire “Slavi del Sud”.

Con la guerra, la ex Yugoslavia si è divisa in Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Yugoslavia (comprendente le regioni di Serbia, Montenegro, Kosovo e Vojvodina) e Macedonia.

Vediamo cosa successe nei singoli paesi durante la storia (clicca sulla mappa per le informazioni di ogni singolo Stato).

Croazia: I Croati entrano in questa regione attorno all’anno 600; fino al secolo XI, avevano introdotto la lingua latina ecclesiastica nei documenti ufficiali, ma parlavano tra di loro una serie di dialetti che vanno sotto il nome di “štokavo-jekavo”. Verso il secolo IX, e stando alla tradizione, San Cirillo e suo fratello San Metodio convinsero il Papa che la Bibbia doveva essere tradotta nella lingua parlata degli slavi. La proposta fu accettata e, a partire da una forma antica di greco, nacque il glagolitico. Successivamente, il linguaggio vernacolare si mischiò a questa scrittura, che cambiò di forma e diede origine al primo croato ufficiale. Il primo esempio di questo glagolitico modificato (glagol=parola nelle lingue slave) è proprio la bašćanska ploča che abbiamo visto a Krk.

Il glagolitico resistette a lungo, e ad un certo punto prese vita anche una forma di cirillico (lingua bašćanica) fino a che, su influenza della controriforma del secolo XVI, venne promosso l’uso della nozione latina. Fu poi Ljuedivit Gaj, nel 1830, ad aggiungere, partendo dai fonemi della lingua ceca, alcuni caratteri che diedero origine al croato moderno: ć,č,đ,š,ž.

Slovenia: Gli sloveni si stabilirono qui nel VI secolo d.C. ed accettarono per primi il cristianesimo attorno al secolo VIII. Nello stesso periodo, ci furono le invasioni da parte di Carlo Magno, che introdusse la propria lingua e scrittura, detta carolingia. Il primo documento che attesta ciò risale all’anno 1000 circa, ed è noto con il nome di Brižinski spomeniki (manoscitti di Freising); tale documento venne per l’appunto trovato a Freising, in Germania.

Proprio a causa della dominazione germanica, però, lo sloveno venne usato solo dal popolo, e si riempì di termini della lingua tedesca, usata come lingua ufficiale sino al 1918.

Nel 1830 venne accettata la riforma di Ljudevit Gaj con qualche eccezione (vennero ad esempio rifiutate le lettere ć e đ, ed i dittonghi lj,nj) e nacque lo sloveno moderno.

La lingua è abbastanza diversa dal croato, quasi come l’italiano si differenzia dallo spagnolo. Un madrelingua sloveno riesce a capire il 70%-80% di un testo croato.

Yugoslavia: Dividiamo questo stato per regioni.

Bosnia-Erzegovina: questa lingua nasce ufficialmente solo a partire dall’inizio del 1990, ed è praticamente la lingua serbo-croata con influenze turche ed arabe, e qualche piccola differenza fonetica.

Macedonia (F.Y.R.O.M.): Anche qui venne introdotto il cirillico, ma di tipo bulgaro, proprio attorno al secolo X; la lingua usata è il macedone, molto più simile al bulgaro (alcuni linguisti la considerano addirittura un dialetto bulgaro) che al serbo-croato. Si tratta della lingua slava più antica in assoluto.

Come si può vedere, fino al 1830 esistevano moltissime differenze linguistiche: lo sloveno, che andava per i fatti suoi; il serbo-croato, che si leggeva uguale in Serbia e Croazia ma si scriveva diverso; il macedone, che era un’altra lingua ancora; eppure, i popoli erano tutti “slavi del sud”.
Nel 1850, allora, alcuni linguisti serbi, alcuni croati ed uno sloveno firmarono l’”accordo linguistico di Vienna”, in cui si dichiarava che era giusto avere una sola lingua per un solo popolo. Ljudevit Gaj, però, non accettò questo, e così l’accordo non si fece. Vari altri tentativi ebbero luogo, ma senza alcun successo.
Anche durante Tito, capace, con la propria forza ed il proprio carisma, di mantenere uniti dei popoli con culture, tradizioni, e letteratura differenti, ci fu un’ultimo estremo tentativo di creare un unico idioma comune. Nel 1954, a Novi Sad, la capitale della Vojvodina, si propose la creazione di una nuova lingua che dovesse unificare il serbo, il croato ed il montenegrino, e nel 1960, nonostante una forte opposizione croata, si pubblicò, in Serbia ed in Croazia, l’ortografia unificata. Questa ortografia era un compromesso tra l’ortografia croata secondo lo studioso Boranić e quella serba di Belić; in questo modo, si usavano due alfabeti (latino e cirillico), ma le parole e le forme semantiche erano le stesse.
La gente continuava a parlare però la propria lingua, mentre i giornali, la TV, i libri scolastici venivano tutti cambiati in base alle nuove regole.
La cosa non resse, e le pressioni anche della Bosnia, che vide molti cambiamenti e sentì sminuire il proprio potere linguistico, fecero sì che nel 1967 si dichiarassero come lingue nazionali di pari valore le quattro lingue: serbo, sloveno, croato e macedone.
Tale legge venne attuata solo qualche anno dopo: il croato per esempio tornò ad essere lingua nazionale solo nel 1974.

Come si può vedere, dunque, con l’indipendenza di ognuno di questi stati non è cambiato praticamente niente: tutti si sono tenuti, fin da sempre, la loro lingua nella loro forma; l’unica differenza è data dal bosniaco che prima non esisteva e che comunque rimane sempre una forma di serbo-croato.

Tito
San Cirillo e San Metodio
Alfabeto Glagolitico
Ljudevit Gaj
I Brižinski spomeniki
Vuk Stefanović Karadžić